"Aiutateci ad aiutarvi”. Il prefetto Antonio Reppucci, arrivato a Perugia da due settimane e già sommerso dalle richieste di una ci...
"Aiutateci ad aiutarvi”. Il prefetto Antonio Reppucci, arrivato a Perugia da due settimane e già sommerso dalle richieste di una città mossa da mille fermenti contro spaccio e degrado e una provincia schiacciata dalla crisi, indossa il suo motto come un abito cucito su misura.
“Credo che la migliore strategia sia l’attacco e lo faremo anche nel contrasto alla criminalità. In queste due settimane ho camminato tanto per le vie principali e le stradine di Perugia, sono andato di giorno e di sera, fino alle zone cosiddette calde della città e sinceramente non ho avuto paura, forse questo dipende anche dal fatto che vengo da una realtà completamente diversa, dove sono frequenti attentati, omicidi e intimidazioni. L’Umbria è più avanti da un punto di vista storico, l’umbro ha la cultura della legalità, il senso di percezione della sicurezza qui è diverso. Gli imbri sono abituati a vivere bene. Penso comunque che anche qui si possa fare di più e dare di più, motivando anche le forze di polizia. Il nostro compito è garantire sicurezza e auspico un maggior coordinamento tra i vari soggetti, con i Comuni e la Provincia di Perugia e proprio per questo motivo presto, appena tutti rientreranno dalle ferie, ci siederemo tutti intorno a un tavolo”.
Non può negare però che ci sia un senso di insicurezza...
“Perugia mi sembra una città sufficientemente tranquilla eppure c’è allarmismo. Bisogna cambiare atteggiamento e lavorare tutti insieme, forze dell’ordine, istituzioni, forze sociali e parrocchie per costruire la cultura della sicurezza allargata e partecipata. Ecco, questo voglio dire ai perugini: diamoci una mano. Lo dicevo in Calabria contro la ‘ndrangheta, lo dico qui per la microcriminalità. Noi cercheremo di dare di più: dobbiamo essere guidati dalla passione e dallo slancio etico e morale. Lo dirò anche alle forze di polizia: dobbiamo crederci perché noi vendiamo sicurezza, dobbiamo garantire pace e tranquillità. Ma anche i cittadini devono fare la loro parte”.
Che idea si è fatto dei problemi del centro storico?
“Girando per la città ho visto degli sbandati ma non ho trovato il livello di degrado che avevo visto in passato. Come onestamente non ho avuto paura di passeggiare da solo in piazza Grimana ma capisco che i cittadini abbiano una percezione diversa. Qui c’è una percezione diversa del degrado e della sicurezza. E’ un degrado dovuto alla presenza di persone sgradite: ecco lo definirei così. Voglio per questo incontrare anche i rappresentanti delle comunità straniere perché anche loro siano i primi ad allontanare le ‘pecore nere’. Voglio essere chiaro: siamo una società multiculturale, siamo per l’integrazione e l’accoglienza. Ma tutti devono rispettare le regole, gli stranieri non possono fare come vogliono. Non ci può essere anarchia ci vuole energia, fermezza e decisione”.
…sarà sufficiente?
“Vogliamo militarizzare il centro storico? C’è da lavorare molto anche sul piano sociale e sugli affitti abusivi. Sappiamo che a Perugia non esiste una centrale dello spaccio ma tanti piccoli spacciatori che si riproducono facilmente. Quello che serve è aumentare il livello di difesa sociale. Creare gli anticorpi”.
... più senso di responsabilità?“Direi corresponsabilità di politici, polizia, forze sociali parrocchie e associazioni. Ci troviamo di fronte a un problema educativo e preventivo che coinvolge la città, le scuole, i genitori. A Perugia c’è tanto spaccio perché c’è tanto consumo. Bene, chi sono i consumatori? Questo è un problema educativo, bisogna prevenire. La mia intenzione è di incontrare gli studenti delle medie e delle superiori, per parlare di droga con loro e i genitori: li conoscono davvero i propri figli? Lo Stato siamo noi, ognuno deve fare la sua parte e non si può pretendere che lo Stato diventi la nostra badante. Aboliamo l’io e usiamo il noi. Cominciamo a dire le cose nella loro chiarezza”.
... quindi cittadini più attivi e protagonisti...“Non ce la prendiamo solo con lo Stato. Vedo spesso mamme preoccupate più del voto del proprio figlio che della sua formazione. Un cretino al posto sbagliato fa danni enormi. Ce lo dobbiamo mettere in testa. Anche la chiesa, e lo dico con rispetto da cattolico claudicante, faccia passi in avanti e punti il dito non solo contro l’adulterio ma anche contro l’evasione fiscale e la logica delle raccomandazioni. Qualcuno mi sa dire dove sono finiti merito e valori?”
In questi giorni si discute molto sull’apertura di un Cie a Perugia, che ne pensa?“Sto seguendo la polemica sulla stampa, a volte il confronto è troppo aspro. Ho avuto esperienza di Cie in Calabria e so di cosa parlo. Sì, servirebbe ma bisogna stabilire il punto migliore per la sua ubicazione e realizzazione, condividerlo con le popolazioni, come per le discariche. Conoscendo l’immigrazione del territorio però non ritengo necessaria un’apertura immediata di un Cie a Perugia, anche in vista del dibattito nazionale”.
E’ stato capo di gabinetto a Latina poi gli anni in Calabria ora l’incarico in Umbria, un cambio di vita...
“Non ho scelto Perugia ma sono sinceramente contento di essere arrivato qua. Darò tutto me stesso: penso che abbiamo una sorta di missione da compiere”.
Prefetto, conosceva già l’Umbria?
“Dodici anni fa sono venuto in visita. Ora andrò dove i sindaci mi chiameranno. Non amo i formalismi e stare nel palazzo, vorrei dar conto del mio operato alla gente, butterei giù le porte dei palazzi pubblici, perché noi siamo qui a disposizione dei cittadini. Dobbiamo sempre ascoltare la gente e anche quando diciamo un no dobbiamo farlo con garbo e cortesia, perché il nostro datore di lavoro è il cittadino. So di essere in una regione laboriosa dove i cittadini si rimboccano le mani, in Calabria, regione che amo più della mia terra, vedevo gente rassegnata. Qui trovo persone intraprendenti e un tessuto economico forte nonostante la crisi”.
In Calabria c’è la ‘ndrangheta, qui si parla di infiltrazioni mafiose…“La preoccupazione c’è. Perché dove c’è benessere, qui avete molte strutture ricettive, la mafia, la camorra, la ‘ndragheta e la sacra corona unita cercano di addentrarsi per riciclare denaro sporco. In questo devono dare una mano anche sindaci, imprenditori, commercianti che devono denunciare quando sono a conoscenza di qualcosa, dobbiamo formare una barriera solida. Sono a disposizione: voglio avere un rapporto privilegiato con i sindaci. Chi amministra deve avere il termometro della situazione altrimenti firmare protocolli non serve a nulla. Bisogna essere protagonisti del film non semplici comparse, le cose non avvengono per caso”.
C’è un aspetto che pesa di più sui cittadini, i furti…“E questo è un tasto dolente. Con i reati patrimoniali si tocca nelle tasca della gente. Per altro sono un fenomeno nazionale strettamente legato alla crisi. Capisco che sui cittadini abbiano un impatto, anche in questo caso c’è da lavorare tutti insieme. Noi vi aiuteremo ma voi che fate? Almeno con le minime precauzioni...”.
Insomma Perugia non sta morendo prefetto…“E’ un messaggio sbagliato, non siamo masochisti. Dobbiamo lottare per limitare i problemi al minino. Se muore Perugia muore l’Italia”.
Intervista a cura di Patrizia Antolini e Rosaria Parrilla
“Credo che la migliore strategia sia l’attacco e lo faremo anche nel contrasto alla criminalità. In queste due settimane ho camminato tanto per le vie principali e le stradine di Perugia, sono andato di giorno e di sera, fino alle zone cosiddette calde della città e sinceramente non ho avuto paura, forse questo dipende anche dal fatto che vengo da una realtà completamente diversa, dove sono frequenti attentati, omicidi e intimidazioni. L’Umbria è più avanti da un punto di vista storico, l’umbro ha la cultura della legalità, il senso di percezione della sicurezza qui è diverso. Gli imbri sono abituati a vivere bene. Penso comunque che anche qui si possa fare di più e dare di più, motivando anche le forze di polizia. Il nostro compito è garantire sicurezza e auspico un maggior coordinamento tra i vari soggetti, con i Comuni e la Provincia di Perugia e proprio per questo motivo presto, appena tutti rientreranno dalle ferie, ci siederemo tutti intorno a un tavolo”.
Non può negare però che ci sia un senso di insicurezza...
“Perugia mi sembra una città sufficientemente tranquilla eppure c’è allarmismo. Bisogna cambiare atteggiamento e lavorare tutti insieme, forze dell’ordine, istituzioni, forze sociali e parrocchie per costruire la cultura della sicurezza allargata e partecipata. Ecco, questo voglio dire ai perugini: diamoci una mano. Lo dicevo in Calabria contro la ‘ndrangheta, lo dico qui per la microcriminalità. Noi cercheremo di dare di più: dobbiamo essere guidati dalla passione e dallo slancio etico e morale. Lo dirò anche alle forze di polizia: dobbiamo crederci perché noi vendiamo sicurezza, dobbiamo garantire pace e tranquillità. Ma anche i cittadini devono fare la loro parte”.
Che idea si è fatto dei problemi del centro storico?
“Girando per la città ho visto degli sbandati ma non ho trovato il livello di degrado che avevo visto in passato. Come onestamente non ho avuto paura di passeggiare da solo in piazza Grimana ma capisco che i cittadini abbiano una percezione diversa. Qui c’è una percezione diversa del degrado e della sicurezza. E’ un degrado dovuto alla presenza di persone sgradite: ecco lo definirei così. Voglio per questo incontrare anche i rappresentanti delle comunità straniere perché anche loro siano i primi ad allontanare le ‘pecore nere’. Voglio essere chiaro: siamo una società multiculturale, siamo per l’integrazione e l’accoglienza. Ma tutti devono rispettare le regole, gli stranieri non possono fare come vogliono. Non ci può essere anarchia ci vuole energia, fermezza e decisione”.
…sarà sufficiente?
“Vogliamo militarizzare il centro storico? C’è da lavorare molto anche sul piano sociale e sugli affitti abusivi. Sappiamo che a Perugia non esiste una centrale dello spaccio ma tanti piccoli spacciatori che si riproducono facilmente. Quello che serve è aumentare il livello di difesa sociale. Creare gli anticorpi”.
... più senso di responsabilità?“Direi corresponsabilità di politici, polizia, forze sociali parrocchie e associazioni. Ci troviamo di fronte a un problema educativo e preventivo che coinvolge la città, le scuole, i genitori. A Perugia c’è tanto spaccio perché c’è tanto consumo. Bene, chi sono i consumatori? Questo è un problema educativo, bisogna prevenire. La mia intenzione è di incontrare gli studenti delle medie e delle superiori, per parlare di droga con loro e i genitori: li conoscono davvero i propri figli? Lo Stato siamo noi, ognuno deve fare la sua parte e non si può pretendere che lo Stato diventi la nostra badante. Aboliamo l’io e usiamo il noi. Cominciamo a dire le cose nella loro chiarezza”.
... quindi cittadini più attivi e protagonisti...“Non ce la prendiamo solo con lo Stato. Vedo spesso mamme preoccupate più del voto del proprio figlio che della sua formazione. Un cretino al posto sbagliato fa danni enormi. Ce lo dobbiamo mettere in testa. Anche la chiesa, e lo dico con rispetto da cattolico claudicante, faccia passi in avanti e punti il dito non solo contro l’adulterio ma anche contro l’evasione fiscale e la logica delle raccomandazioni. Qualcuno mi sa dire dove sono finiti merito e valori?”
In questi giorni si discute molto sull’apertura di un Cie a Perugia, che ne pensa?“Sto seguendo la polemica sulla stampa, a volte il confronto è troppo aspro. Ho avuto esperienza di Cie in Calabria e so di cosa parlo. Sì, servirebbe ma bisogna stabilire il punto migliore per la sua ubicazione e realizzazione, condividerlo con le popolazioni, come per le discariche. Conoscendo l’immigrazione del territorio però non ritengo necessaria un’apertura immediata di un Cie a Perugia, anche in vista del dibattito nazionale”.
E’ stato capo di gabinetto a Latina poi gli anni in Calabria ora l’incarico in Umbria, un cambio di vita...
“Non ho scelto Perugia ma sono sinceramente contento di essere arrivato qua. Darò tutto me stesso: penso che abbiamo una sorta di missione da compiere”.
Prefetto, conosceva già l’Umbria?
“Dodici anni fa sono venuto in visita. Ora andrò dove i sindaci mi chiameranno. Non amo i formalismi e stare nel palazzo, vorrei dar conto del mio operato alla gente, butterei giù le porte dei palazzi pubblici, perché noi siamo qui a disposizione dei cittadini. Dobbiamo sempre ascoltare la gente e anche quando diciamo un no dobbiamo farlo con garbo e cortesia, perché il nostro datore di lavoro è il cittadino. So di essere in una regione laboriosa dove i cittadini si rimboccano le mani, in Calabria, regione che amo più della mia terra, vedevo gente rassegnata. Qui trovo persone intraprendenti e un tessuto economico forte nonostante la crisi”.
In Calabria c’è la ‘ndrangheta, qui si parla di infiltrazioni mafiose…“La preoccupazione c’è. Perché dove c’è benessere, qui avete molte strutture ricettive, la mafia, la camorra, la ‘ndragheta e la sacra corona unita cercano di addentrarsi per riciclare denaro sporco. In questo devono dare una mano anche sindaci, imprenditori, commercianti che devono denunciare quando sono a conoscenza di qualcosa, dobbiamo formare una barriera solida. Sono a disposizione: voglio avere un rapporto privilegiato con i sindaci. Chi amministra deve avere il termometro della situazione altrimenti firmare protocolli non serve a nulla. Bisogna essere protagonisti del film non semplici comparse, le cose non avvengono per caso”.
C’è un aspetto che pesa di più sui cittadini, i furti…“E questo è un tasto dolente. Con i reati patrimoniali si tocca nelle tasca della gente. Per altro sono un fenomeno nazionale strettamente legato alla crisi. Capisco che sui cittadini abbiano un impatto, anche in questo caso c’è da lavorare tutti insieme. Noi vi aiuteremo ma voi che fate? Almeno con le minime precauzioni...”.
Insomma Perugia non sta morendo prefetto…“E’ un messaggio sbagliato, non siamo masochisti. Dobbiamo lottare per limitare i problemi al minino. Se muore Perugia muore l’Italia”.
Intervista a cura di Patrizia Antolini e Rosaria Parrilla
Fonte: www.corrieredellumbria.it